uno rosso

E così sono arrivato a quella certa età. Quella in cui la commessa del negozio di abbigliamento dove ti stai comprando un paio di pantaloni mentre mastica distratta una gomma ti fa «la pancia la porta sopra o sotto la cintura?».

Ma non è questo il punto. E non so da che parte cominciare, che avevo promesso che in questo sito "troverete monti, avventura, acqua, nuvole e cielo e poco altro". Diciamo che siamo al "poco altro". Che senso ha, mi chiedo, parlarne. Per di più in un sito nascosto tra le pieghe della rete, che fra poco farò sparire anche da facebook. Non lo so nemmeno io. Ma sento di doverlo a qualcuno. A un sacco di gente, in effetti.

Forse sto tentando di saldare i conti. Perchè tu, a farti fare questa fatidica domanda , quella della pancia, alla fine ci sei arrivato. E magari arrivi anche più in là; e magari non è che sarà uno spasso, magari tutto sommato di cateteri e compagnia bella a un certo punto potresti anche  non volerne sapere, ma insomma, alla fine hai avuto la tua brava possibilità  di diventare vecchio e rincoglionito, prima hai avuto la tua possibilità di metter su famiglia incazzarti scazzarti riprodurti e che so io, le cose che fa la gente in genere. e che per molti sono il sugo del sale, la tua porca possibilità tutta intera , hai avuto e non il trenta per cento di una possibilità. E direi che proprio questo è il punto. Che loro in effetti non l'hanno avuta. E, grazie a loro, l'ho avuta io. E anche la possibilità, a pensarci bene molto più importante, per me che di famiglia ecc, non sapevo che farmene,  di avere un sito e scriverci quello che cazzo mi pare, e di scrivere un libro e di parlare a un'assemblea o una riunione , o una a una conferenza o a una lezione senza dover fare per forza il leccaculo, se ti sembra poco.  E che quando loro morivano perché io l'avessi, questa possibilità, non ero ancora nemmeno nelle palle di  mio padre a non parlare del protocollo www che in Italia solo la radio avevamo e manco tutti e manco il diritto di sentirla avevamo se al mascellone non piaceva il canale. E io sono qui,  sessant'anni dopo, a battere sulla tastiera e a farmi mangiare dalle zanzare in questa notte afosa di fine maggio e non li vedrò mai, non gli potrò mai dire "grazie", solo croci, musei dello sbarco e vecchi documentari. Forse sto solo cercando di ristabilire l'attendibilità.

E' difficile sentirsi attendibili in questi campi da calcio pieni di morti. Difficile sentirsi attendibili dopo che ti hanno massacrato i coglioni per i tuoi primi 25 anni con l'Italia liberata dai partigiani e bella ciao e partiamo. I partigiani - onore al merito - che tutti gli storici stranieri contano a 3 - 5000 unità prima dell'8 settembre. Quando snasammo come facciamo da più di un millennio che aria tirava e bella ciao e tagliamo e abbiamo mollato tutto, soprattutto - non sia mai  che si perda il vizio - i  nostri ingombranti e ormai deplorevoli alleati  e siamo corsi incontro ai  nuovi vincitori. Circa 3000 pare fossero anche i brigatisti, tra gruppi di fuoco, teste pensanti, teste coronate, teste di cazzo  e fiancheggiatori, negli anni '70. Se avesssero iniziato a vincere il loro attacco contro il "cuore dello Stato" i nostri libri di storia ne parlerebbero come di un movimento popolare? Così, le decine di libri di storia che ho studiato all'università, le centinaia che ho letto, si riducono così, al motto che la storia la scrivono i vincitori?   

Perché, mi spiego meglio, mai stati ad Anzio? Insomma, i Francesi sono  nazionalisti e cazzuti e non certo filoamericani, si sono fatti l'atomica da soli, decenni fuori dalla Nato, perfino le loro guerricciole coloniali faidate quano il colonialismo era finito da un pezzo e mancando del più elementare senso dell'umorismo nonché di una seria inustria cinematografica non ci hanno mano fatto sopra un decente action mouvie. Però mentre cammino in Normadia è il sessantesimo dello sbarco ed è festa grande, e i musei dello sbarco sono pieni  e comunque sono una decina almeno e invece ad Anzio  - ci siete mai stati? - non è mai sbarcato nessuno. Nessun segno del carnaio per liberare il (nostro) sacro suolo. Perché? Ovvio, perché l'Italia l'hanno liberata i partigiani.  Che, magia, dopo l'8 settembre diventano 100.000 e dopo il 1945 mezzo milione di pensioni. E così decido di passeggiarmelo tutto, questo campo di carne di Omaha Beach, da capo a fondo. Questo campo costruito in cima alla linea dei bunker. Non sto tentando di saldare i conti, la vita si ripaga con la vita, sto solo cercando di farli tornare. Perché, mi spiego meglio ancora, io sono tra quegli stronzi che da ragazzo andava sotto l'ambascata Usa a Roma a urlare yankeegohome. E fortuna che  non mi hanno dato retta e a casa non ci sono andati, altrimenti mi sarei trovato a fare anch'io la mia brava fila per il pane, che è sempre meglio far la fila per provare a pagare le tasse che per provare riempirsi la pancia. Perché se alla fine l'ufficio chiude in fondo ti tieni i soldi e se invece il pane finisce ti tieni la fame. A non parlare dei miei diritti civili, come scrivere su questo sito, che mi sarebbe costato le palle, fritte con un paio di elettrodi, o peggio. Perché c'era una guerra, anche se preferivamo far finta di niente, la terza guerra mondiale, una guerra a bassa intensità, con un numero bassissimo di morti (da noi) ma come tutte le guerre, con una posta in gioco per chi restava in piedi e senza nessun premio di consolazione per chi resta a tappeto. Perché, come ha scritto Curzio Malaparte, che di storia ci capiva, ai vincitori i vinti piace vederseli a gambe larghe.

E perché, mi sono domandato quando sono stato un po'  più vecchio e un po' meno coglione, perché una persona innamorata della libertà come me se ne andava a urlare yankeegohome e a lanciare monetine ai terroni in assetto antisommossa per le vie di Roma, ogni qual volta che gli Usa tenevano a bada  - i modi sono sempre cruenti, le guerre umanitarie sono una bella invenzione per gonzi - un sistema mostruoso che aspettava oltrecortina di estendere la sua influenza e cancellare anche quelle quattro libertà che avevamo ricevuto? Ci andavo per la montagna di balle che mi avevano rifilato fin da bambino e per cosa se no? E se ancora due anni fa la mia ragazza ha trovato una perla di testo di storia, in uso in un liceo di Todi, in cui si spiega che nelle foibe i nazisti ci buttavano i partigiani, che non sapevo se ridere o piangere, allora ancora non smettiamo di raccontare balle, proprio non ci riusciamo, di smettere di mentire sapendo di mentire.

Allora questo Uno rosso, che portavano i ragazzi della 1a divisione di fanteria dell'U.S. Army, eroi giovani e belli su cui nessuno in Italia comporrà mai una canzone, che in una mattina su questa  spiaggia sono morti amigliaia in poche ore, io questo Uno rosso me lo sono cucito sullo zaino. 

Perché anch'io, che non c'ero, ho una storia da raccontare, che inzia con una giovinezza bruciata dalla bugie che mi hanno raccontato, e cui ho creduto. Una falsa partenza alla grande, di quelle che non sai più nemmeno se arrivi infondo alla gara, non parliamo di vincere, poi... Ma questa, davvero, non è materia per questo sito. Ce l'ho cucito e, lo so, ogni tanto qualcuno mi chiederà: «che cosa significa quell'Uno rosso sul tuo zaino?». 

(maggio 2009)