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menhir

 

Carnac 18 agosto 2003, dai taccuini

 

Due giorni e mezzo chiusi in macchina e sballottati, mezzo morti di caldo o instupiditi dall'aria condizionata, a far fuori, una statale dopo l'altra, la Francia profonda. Campagne a perdita d'occhio, come non si vede mai in Italia. Quattro persone, ognuno coi suoi pensieri anche quando una sola musica si canticchia seguendo la cassetta. E poi, finalmente, la Bretagna, un tuffo in Oceano e poi la lotta per allontanarsi un poco dai centri rivieraschi, piantare la tenda, trovare un letto a un prezzo che ci possiamo permettere.

 

Il giorno dopo, inevitabili e a lungo attesi, i menhir. Antichi più delle piramidi, antichi più di qualunque altra costruzione fatta dall'uomo. Recintati come un'aiuola. C'è anche un movimento bretone per i menhir liberi che incolla volantini sui muri. Non è facile liberarsi per un istante dal clima di Disneyworld che ci circonda.

Meglio va con i siti minori, quelli senza creperie né rivendita di pseudoartigianato pseudoceltico.

Oggi sappiamo (almeno per qualche anno ancora, almeno con ragionevole certezza) oggi sappiamo che questi incredibili allineamenti di menhir erano dei giganteschi strumenti astronomici, un po' come un sestante o una tavola delle effemeridi, il tutto in chiave paleolitica e quindi un po' scomodo da portare in tasca, insomma; dall'altra parte, improbabili storie di UFO e tutto lo stupidario New Age.
E poi ci sono i tumuli.

 

Sono restato da solo nel tumulo per meno di un minuto, il tempo di scattare una foto. Doveva odorare di terra spazzata dal vento, un tempo lontano, quando la terra era giovane

 

Poi esco e raccolgo un pezzo di corteccia da terra. Da bambino, con pezzi di corteccia come questo facevo le barchette. Mi colpisce in quel momento l'idea che la corteccia è a forma di menhir.
E che il menhir ha la stessa forma di uno scafo.

 

Prue di pietra puntate verso il cielo in attesa che monti la marea nuova e un forte vento da terra gonfi le vele.

 

Io non so far salire menhir al cielo. Mi accontenterò di mettere in acqua una barchetta di corteccia, intagliata con un temperino, proprio come quando ero piccolo.

(agosto 2003)